Operata a Negrar, ragazza di Modena dedica una poesia al personale dell'ospedale
«Sono rimasta positivamente colpita, sia dalla bravura dei medici, che dalla disponibilità, competenza e umanità di tutti gli altri operatori sanitari», spiega la giovane paziente
«Mi chiamo Sara Pes, ho 34 anni e vivo a Modena. Ho subìto un intervento presso l'ospedale Sacro Cuore Don Calabria a Negrar una decina di giorni fa e sono rimasta positivamente colpita, sia dalla bravura dei medici, che dalla disponibilità, competenza e umanità di tutti gli altri operatori sanitari». Inizia così una breve comunicazione giunta in redazione. Subito dopo la nostra lettrice aggiunge: «Ho scritto una poesia per loro e per tutti coloro che lavorano negli ospedali in questo momento difficile. Vorrei che arrivasse loro per poterli ringraziare davvero per tutto quello che stanno facendo. Spero la possiate pubblicare».
Con piacere ospitiamo dunque il ringraziamento poetico rivolto al personale dell'ospedale Sacro Cuore Don Calabria nel Comune veronese di Negrar, nella speranza condivisa che possa essere un gesto di conforto per gli sforzi prodigati da tutte le persone che operano nella sanità in questo complesso momento storico:
Le donne costruiscono città
«Cosa significa prendersi cura?
Piegarsi per pulire sotto il letto d’ospedale,
svuotare un cestino pensando se davvero ne vale la pena
pensando che, forse, vorresti essere altrove.
Cosa significa prendersi cura?
Raccogliere,
con un caldo sorriso,
i teli sporchi di chi si scusa perché
no, non ha fatto in tempo ad arrivare in bagno.
Mentre sulla barella la ragazza dai lunghi capelli piange,
forse troppo giovane per quella sala operatoria,
chiederle dei suoi bambini, del suo lavoro nuovo.
E dei suoi sogni,
i sogni del dopo,
perché, solo per un momento,
si dimentichi della paura dell’adesso.
Cosa significa prendersi cura?
È il telefono troppo lontano
mentre i punti nella pelle tirano
e tu no,
non ci arrivi.
E ti senti sola nel dolore.
Tutto ciò che era scontato prima
ti sfugge come sabbia fina tra le dita.
Fino a raggiungerti
attraverso le dita di una mano calda
che ti lava,
ti veste,
ti risolleva un poco dal male
con un sorriso
con una pillola in un bicchierino di plastica.
Cosa significa prendersi cura?
Combattere quel senso di impotenza
di cui la vita stessa è fatta
in quei giorni di dolore.
Azioni piccole che
ci sollevano dal male,
dalla solitudine,
dalla paura.
Anche solo per un’ora.
E mentre con dignità
ognuna di voi
raccoglie un telo,
distribuisce a notte fonda un altro antidolorifico,
corre esausta verso un campanello acceso,
salvate il mondo,
a piccoli gesti.
Ricordate che,
le città più grandiose sono state costruite
lentamente,
pietra su pietra,
ogni giorno
con dedita pazienza.
E allora,
ogni volta che siete stanche,
frustrate,
demoralizzate,
Alzate la testa con orgoglio.
Con le vostre mani e il vostro sguardo
state salvando il mondo
state posando un’altra pietra sulla calce fresca.
E noi,
così piccoli e impotenti,
davanti all’inevitabilità della vita e della morte,
alzandoci finalmente da quella barella,
cammineremo in una nuova città
e
ve ne saremo infinitamente grati».
(Sara Pes)