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Alla Galleria d’Arte Moderna la mostra "Il mio corpo nel tempo. Lüthi, Ontani, Opalka"

Tra gli appuntamenti che aprono la stagione autunnale delle grandi mostre in Italia, venerdì 13 ottobre alle 19.30, presso la Galleria d’Arte Moderna A. Forti - Palazzo della Ragione di Verona, si inaugura Il mio corpo nel tempo. Lüthi, Ontani, Opalka. La mostra, promossa da ArtVerona, la fiera d’arte moderna e contemporanea di Veronafiere che si terrà dal 13 al 16 ottobre prossimi, rientra nel vasto programma collaterale della manifestazione ed è realizzata in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona.

Ideata da Adriana Polveroni, direttrice artistica di ArtVerona, e curata dalla stessa insieme a Patrizia Nuzzo, responsabile della Direzione artistica della GAM, l’iniziativa apre una nuova stagione espositiva per la Galleria A. Forti, che intende, sotto la nuova Amministrazione, ridare centralità all’arte contemporanea.

La mostra si sviluppa lungo un percorso che elegge il corpo a “materia prima” dell’arte, indagando il concetto del tempo e il suo disvelarsi attraverso le opere di Urs Lüthi, Luigi Ontani e Roman Opalka. Fin dagli esordi, questi tre grandi artisti hanno messo in scena loro stessi e hanno fatto di tale approccio un terreno rigoroso e continuativo di ricerca, non per mero narcisismo, ma per proporre il proprio “essere” come il mezzo in grado di offrire una risposta all’enigma del tempo di cui parlava anche sant’Agostino nelle Confessioni.

Nel loro lavoro il corpo è messo in scena per disvelare l’identità e l’ineluttabilità del tempo, restituito in maniera essenziale (Opalka) oppure assumendo figurazioni diverse, per interpretare ruoli e immagini della quotidianità (Lüthi) o, ancora, per diventare parte della mitologia, della storia e della commedia dell’arte (Ontani).

Non si tratta, quindi, di una mera “testimonianza biologica”. Perché, anzi, in questi lavori il corpo è messo in scena per essere affrancato dal territorio del “naturale”, soddisfacendo un’altra esigenza intima dell’arte: il bisogno di sottrarsi proprio alla dimensione temporale, trasformando così l’artista in creatura immortale. Che però, almeno in questo caso, si immerge nella nuda realtà dello scorrere degli anni, senza nessun infingimento e mediazione. In questo continuo rimando tra un piano di manifesta naturalità, dove il tempo si racconta nel corpo dell’artista, e il piano simbolico della trasfigurazione artistica, risiede la forza e il fascino delle opere di Lüthi, Ontani e Opalka.

Articolata in quattro sale e con un allestimento che ridisegna lo spazio della GAM, la mostra ci introduce al  tema attraverso il linguaggio barocco, saturo di colori e volutamente citazionista di Ontani, invitandoci poi a visitare quello libero e ironico di Luthi – che spazia dalla fotografia all’installazione - per chiudere poi, quasi per sottrazione, con il rigore formale e minimalista di Opalka. La mostra presenta 23 opere di Ontani, di cui quattro ceramiche e tre grandi foto lenticolari, testimonianza del suo lavoro più recente, e una versione raffinatissima quanto piccola e rara de Le Ore; 23 opere di Lüthi, tra sculture, fotografie e un nuovo, grande collage a colori; una serie di oltre 54 fotografie di Opalka dalla serie Detail, “dettagli” di un lungo progetto fotografico di autoscatti che lo ha impegnato dalla metà degli anni Sessanta fino alla sua scomparsa. Con prestiti che provengono da importanti Collezioni italiane e internazionali, la mostra è stata resa possibile grazie alla preziosa collaborazione degli artisti. Il catalogo sarà pubblicato nel mese di novembre dalla Casa Editrice Manfredi Edizioni.

Approfondimento del percorso espositivo

La mostra Il mio corpo nel tempo si articola in quattro sale che restituiscono il linguaggio di ciascuno dei tre artisti dagli esordi fino ad oggi. Rigorosamente formale e quasi minimalista, nel caso di Opalka. Libero e con accenti ironici, che spazia dalla fotografia all’installazione per Lüthi. Barocco, saturo di colori e volutamente citazionista quello di Ontani.

Le prime due sale sono dedicate a Luigi Ontani. Le 23 opere in mostra, ripercorrono, a partire da Candeloro del 1970 - che prefigura i successivi tableaux-vivants - il tempo dell’arte (Déjeneur sur l’ArT, 1969; San Luca d’après Guercino, Autoritratto nudo d’apres de Chirico, 1978, in pendant con SenilSemiNudo, 2011) il tempo della Mitologia (NarcisOnfalONANallaSORGENTEdelNIENTE, 1970; Gladioli d’Adone tentazione, 1972; Leda e il Cigno, 1975), il tempo in senso proprio (il Kronos greco) a cui è dedicato un ciclo di 24 piccole fotografie dal titolo Le ore. Presenti anche alcune ceramiche degli anni ’90 (San SebastianSagittario; DantElegia) e le cosiddette Anamorpose, foto lenticolari realizzate dal 2000 ad oggi (EvAdamo; ArisTideARTorio; L’Ombrofago), dove l’immagine si mostra come ibrido, laboratorio sperimentale aperto ad una pluralità di letture.

La terza sala è dedicata a Urs Lüthi e prevede un grande collage fotografico a colori dal titolo Direction East, formato da 14 elementi (2011/12) che fa parte di un progetto più ampio: Art is the Better Life. A quest'ultimo appartengono anche le piccole sculture in bronzo dipinto della serie Small Monuments (2010-2012). Protagonista di questi lavori è l’artista stesso che - attraverso il filtro di una sottile ironia - mette in scena le contraddizioni, le dinamiche, le consuetudini che segnano la contemporaneità, affrontando di volta in volta i temi dell’identità di genere, delle possibilità del proprio essere nel mondo, dell’immagine di sé in relazione al trascorrere del tempo e al cambiamento, della fragilità dell’esistenza, della felicità. In mostra anche fotografie in bianco e nero risalenti agli anni Settanta, dalla famosa serie Just another story about leaving (1974) , a Urs Lüthi wint aucht für Sie (1970), per arrivare al più recente Self Portrait Big Jump (2014).

La quarta sala è dedicata a Roman Opalka. Sfilano in un percorso lineare che non prevede interruzioni 53 Details, fotografie tutte di ugual misura (30,5 x 24 cm) che evidenziano il passare del tempo attraverso un semplice gesto: la stessa posa, lo stesso primo piano in cui l’artista ha fissato la sua immagine da giovane fino a poco prima della morte. Lo spartiacque nella sua carriera artistica è il 1965, anno in cui Opalka inaugura la sua opera più famosa: Opalka, 1965/1∞. Un progetto affascinante che consiste nel dipingere, su tele di dimensioni sempre uguali, con il colore bianco, la numerazione progressiva crescente di numeri razionali interi dal numero 1 all'infinito. Alla superficie di fondo, inizialmente nera, viene aggiunto ad ogni nuovo lavoro un centesimo di bianco così che, con il fluire dei giorni, si ha l'impressione che i numeri, scritti dall'angolo in alto a sinistra verso destra, si confondano a poco a poco con il nitore delle tele. Dal 1972 introduce una variante al suo rituale: ogni sera, a fine lavoro, scatta un autoritratto fotografico in bianco e nero - sempre alla stessa distanza dall'obiettivo, nella stessa posizione, con la stessa espressione - e un registratore fissa la sua voce mentre pronuncia i numeri dipinti.


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