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Storie da una Verona antica: quando le botteghe dovevano restare chiuse

Dopo la dominazione francese, Verona era sotto gli austriaci che imponevo una rigida moralità religiosa. E quindi nei giorni festivi le botteghe dovevano rimanere chiuse

Le aperture o le chiusure dei negozi la domenica sembra un problema dei giorni nostri. Polemiche e polemiche sul famoso "settimo giorno", quello in cui anche Dio si riposò dopo aver creato l'universo nella Genesi. C'è chi la domenica vorrebbe che le attività commerciali restassero chiuse, per permettere a chi ci lavora di riposare. Dall'altra parte c'è chi sostiene che la scelta di tenere aperto o chiuso la domenica deve essere individuale, che un commerciante deve essere libero, perché magari la domenica è un giorno particolarmente redditizio e quindi dover tenere la saracinesca abbassata significherebbe perdere clienti.

Negozi aperti o chiusi la domenica? Un dilemma che in realtà è più antico di quello che si pensi. Basti solo un esempio datanto 1819. Verona è sotto il dominio della religiosissima Austria dopo la ventata laica della dominazione francese-napoleonica. Bisogna restaurare l'ordine, un ordine in cui la domenica è un giorno rigorosamente santo.

In una circolare datata appunto 1819 si legge un sollecito da parte delle autorità austriache di vigilare affinché le botteghe non siano aperte nei giorni festivi. Un dilemma simile a quello odierno, solo che adesso la legge concede le aperture domenicale, all'epoca invece le vietava e anzi si chiedeva alla forze dell'ordine di vigilare affinché il divieto fosse rispettato. L'unica eccezione l'avevano i negozi di alimentari e di medicinali che potevano essere aperti, ma non nell'orario in cui si svolgevano le funzioni religiose. E le prescrizioni andavano anche oltre le chiusure domenicali: durante il periodo di Quaresima erano vietate feste danzanti, ad esempio, e nei giorni in cui la chiesa imponeva particolari restrizioni alimentari, questi dovevano essere applicati da tutti i ristoratori.


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